Siamo antifascisti e antirazzisti. Ed è esattamente per questo che siamo antisionisti. (Rete Italiana ISM)


sabato 12 novembre 2011

Claudio dalla cisgiordania, seconda lettera.

Sempre da Claudio, sempre a raccontare della Cisgiordania...sempre sperando che vi venga voglia di andarci!

Domenica ho lasciato Ramallah, in qualche modo la capitale amministrativa palestinese, per spostarmi a Hebron. Già il viaggio è estenuante, perché il bus continua a cambiare strada per evitare i check point; quindi sale e scende attraverso colline che sembrano le nostre: ulivi, vigneti (uva da tavola, ma abbastanza bassa), prugne, pomodori. E’ interessante che nonostante la siccità (non piove da mesi) e nonostante quanti fumatori ci siano, non ci sono incendi in giro: è evidente che i nostri sono sempre dolosi…..
Arrivo così a Hebron città di storia antichissima: tanto per accennarne una la moschea contiene i resti sepolcrali dei patriarchi (da Abramo in poi); quindi la vogliono tutti: per cui ora gli arabi per entrare nella moschea (controllano l’ottanta per cento della costruzione, contro il 20 per cento degli ebrei) devono passare due check point.
Ieri sera ero lì con un altro e vedevamo benissimo che i soldati si divertivano a far bloccare ogni tanto la girandola da cui si deve passare prima del metal detector; il sopruso è continuo.
Il mercato si svolge su tanti vicoli come tutti i suq arabi, ma qui c’è una zona in cui sopra le botteghe degli arabi si affacciano case di israeliani, i quali si divertono a lanciare sassi, munnizza…… quindi ci sono griglie di protezione, ma come è successo a me ci hanno bombardato con getti d’acqua. Pochi passi dopo trovo una pattuglia (presidiano con i fucili spianati anche il mercato): “ci hanno tirato acqua, perché non difendete la gente?”; era come se avessi parlato ad un muro :“via via” Tutti questi soldatini hanno un solo pallino: tenere il grilletto pronto, come dovesse sempre comparire un “terrorista” e come lo riconoscerebbero? Solo dopo morto, come l’altra mattina con i due ragazzi di Qalandia….
Il primo giorno siamo andati a trovare una famiglia che abita nel vicolo; qualche mese fa gli hanno tirato in casa una bomba sonora, che causa scoppi rumorosissimi se all’aperto, ma in casa è distruttiva; una signora che stava finendo la gravidanza ha perso il bambino, e anche lì non c’è modo di andare ad avere riconosciuto qualcosa dallo stato. In un’altra casa dove siamo andati ci hanno mostrato una stanza superiore dove durante la seconda intifada i soldati sono entrati dal tetto e hanno dato fuoco: sono morti due bambini; sempre raccontando di quel periodo un ragazzo che ora lavora con noi dice che di una classe di 30 ha perso 12 compagni!
Ora per lo meno non si muore come prima, anche se l’assedio dei militari è dovunque. I coloni a Hebron sono circa quattrocento, ma per loro ci sono almeno tremila militari. Non solo gli israeliani hanno un po’ di case, ma anche fanno delle zone cuscinetto che aumentano le loro zone “di sicurezza”, cacciando la gente.
Un uomo inglese che è venuto con ISM qualche anno fa è ora sposato qui e ieri ci ha guidato su una delle colline contese, dove abita anche lui: la terra ha i soliti problemi, a voi no, ma anche a noi no, per cui ieri ho visto zone di ulivi secolari intorno al “pozzo di abramo” rinsecchiti…. Una tristezza spaventosa. Nel terreno sotto una casa palestinese tutti i mercoledì si riuniscono provocatoriamente a leggere passi della Torah; e noi ci siamo messi provocatoriamente ad accerchiarli! Poi ogni spesso arrivano autobus di pellegrini a rinforzare; altrimenti la parte israeliana sembra veramente un mortorio, soprattutto se confrontato con l’allegria degli arabi. Le case degli arabi sono anche nella parte controllata da Israele, anche il cimitero è lì, ma gli arabi vi possono accedere solo a piedi e via check point.

Ora il ramadan cambia molte abitudini: siccome le ore dei pasti sono rigorose, 4 e 40 di notte e 19 e 40 di sera, di pomeriggio le botteghe cominciano a chiudere e tutti fanno la spesa e corrono a preparare la cena; il mercato che è sempre aperto e vivo fino almeno alle nove, ora è deserto alle 7; ieri anche io e un ragazzo che era con me siamo andati ad una cena di ramadan: riso e lenticchie, melanzane ripiene, yogurt e cetrioli, qualche salsina, datteri e dolci. Quando di giorno dico a qualcuno che (alcuni di noi) siamo di ramadan, sono molto contenti; è una forma di condivisione di un fatto culturale, che accomuna tutti, indipendentemente dalla fede religiosa; e sperimenti l’autocontrollo.
Lunedì siamo andati a Betlemme, a vedere il “Aida camp”; un insediamento di profughi che risale al ’48; ormai è un paese, con anche il suo centro culturale: vi passano centinaia di ragazzi, con anche un teatro che è stato in giro per l’europa; musica, pittura ed altro; ci hanno mostrato due CD con le loro attività.
E già che ero lì ho fatto un bel giro alla basilica della natività e alle attività in giro. Era l’orario delle due, con poca gente in giro; suggestiva la grotta sotto la basilica, anche qui con la condivisione tra religioni: cristiani, ortodossi e ebrei. Siccome giro con la kefiah a turbante c’è chi mi chiama: allora sei dei nostri! Lì c’è stato il primo che mi ha offerto limonata fresca, che gli ho rifiutato per il ramadan e mi faceva una gran festa; produzione di souvenir: una sacra famiglia in legno di ulivo, ma con davanti un muro!!!

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