Siamo antifascisti e antirazzisti. Ed è esattamente per questo che siamo antisionisti. (Rete Italiana ISM)


domenica 27 febbraio 2011

Cinque voci, otto assassinii e una bomba



Il luogo esatto dove è morto Yasser Qudaih
Khuza'a è un villaggio nella parte sud della striscia di Gaza, sotto il governatorato di Khan Younis. Ci sono circa 12mila abitanti, il centro è a poco più di un chilometro dal confine israeliano e le limitazioni di movimento create dalle forze di occupazione sono notevoli. Il fatto che sto per raccontare si svolge a Khuza'a, il 13 gennaio 2009, durante l'attacco genocida e terrorista di Israele detto “piombo fuso”. Non è l'unico episodio riferito a questo villaggio, e certamente non è nemmeno il più tremendo di quel periodo, ma vale la pena raccontarlo.

I personaggi narranti sono cinque diversi abitanti, tre donne e due uomini, che direttamente o indirettamente hanno vissuto quel momento.


Nada Aburoch
Nada Aburoch, 53 anni, donna:
Durante l'invasione di due anni fa, durante l'attacco genocida durato 3 settimane, Israele usava contro di noi il fosforo bianco ed altre armi tremende, i miei 2 figli maggiori Mamdouh (22anni) e Medhat Aburok (17 anni) aiutavano il vicinato prestando il primo soccorso, anche se non avevano nessun certificato o particolare competenza; era orribile, la gente moriva e le ambulanze non potevano arrivare il tempo perchè i cecchini continuavano a sparare... Il mio figlio più grande, Mamdouh, stava studiando scienze informatiche all'università, e contemporaneamente lavorava in un ristorante per pagarsi gli studi. Dopo l'attacco israeliano con il fosforo bianco a Khuza'a (intorno al 10 gennaio) noi ce ne siamo andati con tutta la famiglia, e i miei 2 figli maggiori sono rimasti li. Volevano presidiare la casa perchè non venisse abbattuta e continuare ad aiutare il vicinato. Ero molto preoccupata, e quello che è successo dopo ha confermato i miei peggiori incubi”

Sabrin Qudaih, 35 anni, donna:
Mio marito Yasser Qudaih commerciava frutta e verdura, qualche cosa coltivavamo anche qui di fronte. Durante la guerra ci siamo allontanati da Khuza'a perchè era pericoloso, ci eravamo rifugiati ad Abusan (villaggio vicino) a casa di mia sorella, perchè li era più sicuro. Mio marito era tornato durante il cessate il fuoco per vedere come era la situazione: ci avevano detto che gli israeliani stavano distruggendo tutte le case disabitate, così voleva tornare a vedere cosa stava succedendo. Pensava di essere al sicuro durante il cessate il fuoco, ma non è stato così.”


Gada Quiah, 34 anni, donna:
Mohammed Qudaih aveva 15 anni, era il mio figlio maggiore. Era appassionato di calcio, giocava in una piccola squadra locale e gli piaceva molto. A scuola era il primo della classe, la maestra lo ricorda con affetto, è venuta anche qui a farmi visita una volta.
Poiché durante l'invasione, si sa, non avevamo corrente elettrica, ricaricavamo i cellulari al negozio di fronte casa che aveva il generatore. Era il cessate il fuoco e il mio bambino era andato a prenderli... quando è successo il disastro si trovava giusto di fronte a casa, proprio qui davanti.”


Salem Mohammed Odeh
Salem Mohammed Odeh, 31 anni, uomo:
Tutto è successo durante il cessate il fuoco. Le forze israeliane avevano concesso 3 ore di cessate il fuoco al giorno, ed in quelle 3 ore i tanti che erano scappati nei villaggi vicini approfittavano per venire a controllare le proprie case e prendere cose che servivano. Anche chi non era scappato sfruttava il momento per uscire a comperare i beni di prima necessità nei pochi negozi che aprivano.
Qui siamo al primo piano e giusto sotto casa c'è un negozio di alimentari. Sono sceso un momento per comperare qualcosa, c'era un gruppetto di persone che si era radunato davanti alla bottega. Ricordo che stavano parlando di un tizio che stava scappando da casa sua perché era troppo vicina al confine e preso dal panico aveva bussato alla porta sbagliata, non ricordo con esattezza... stavo dicendo a questa gente di non radunarsi, di non stare tutti assieme, di disperdersi perché anche se hanno dichiarato il cessate il fuoco non c'è da fidarsi degli israeliani...in cielo c'erano una zannana (drone) e due apache (elicotteri) delle forze di occupazione.
Sono stato colpito dall'esplosione alla gamba sinistra, perdevo molto sangue, e mi hanno portato in ospedale con la stessa ambulanza con cui trasportavano i corpi dei morti. Mentre aspettavo in ospedale ho visto arrivare talmente tanta gente che avevo paura che tutta Khuza'a fosse morta o ferita”

Sabrin Qudaih: “mio marito Yasser era appunto andato a vedere in che stato fosse la nostra abitazione, e a prendere i vestiti dei bambini. Quando ho sentito l'esplosione ho telefonato a Khuza'a per sentire se mio marito stava bene, ed all'inizio mi hanno detto di si, mi hanno detto che mio cognato era morto. Quando ho scoperto che mio marito era stato assassinato durante quell'esplosione, è stato un trauma fortissimo. La bomba scaricata dall'Apache lo ha sorpreso giusto fuori dalla porta di casa sua, mentre parlava con un gruppo di ragazzi che si trovava fuori dal supermercato. Era proprio appoggiato al muro, ad un metro di distanza dal cancello...”

Nadra Aburoch: “I miei 2 figli maggiori, dopo 3 giorni lontani dalla famiglia in cui controllavano che non accadesse nulla alla nostra casa e in cui prestavano soccorso al vicinato avevano finalmente deciso di raggiungerci a Khan Younis. Il maggiore, Mamadouh, aveva trovato un'automobile e si area fermato un momento al negozio per predere Medhat e comperare uno snack. Dopo l'esplosione hanno trovato parte dello snack in bocca al cadavere e parte nella tasca dei pantaloni”

Gada Quiah: “davanti al negozio di fronte casa dove il mio bambino era andato a caricare la batteria del cellulare si era radunata un po' di gente, ed ho sentito un grande botto. La strada era piena di sangue e pezzi di corpi dei morti, era terribile, c'erano vetri ovunque perchè tutte le finestre dell'edificio dove c'era il negozio sono andate in frantumi, anche quelli dell'abitazione al primo piano. Mio figlio non è morto subito, è morto dopo un'ora, l'avevano portato all'interno del negozio dove stavano tutti aspettando l'ambulanza... conservo ancora i jeans che portava addosso in quel momento.

Il negozio di Naji Qudaih
Naji Qudaih, 49 anni, è il proprietario del piccolo supermercato di fronte al quale è avvenuta l'esplosione. Ha spostato il negozio di un centinaio di metri sulla stessa strada, il negozio è molto piccolo, grande come una stanzina, quando lo abbiamo intervistato non c'era corrente e la poca luce entrava dalla porta di metallo aperta.
Avevo aperto il negozio durante il cessate il fuoco, anche per fornire un servizio agli abitanti del villaggio che avevano bisogno di rifornirsi di beni di prima necessità e di elettricità per caricare le batterie dei cellulari, avevo infatti il generatore acceso. Si era radunato qualcuno, ed un Apache la sganciato una bomba esattamente dove la gente si era fermata a parlare. Dopo l'esplosione abbiamo portato i feriti dentro al negozio per fornire un primo soccorso, perché era un'area pericolosa e le ambulanze ci mettevano tantissimo per arrivare. L'ambulanza è arrivata dopo 45 minuti... non tutte le vittime sono morte al momento, 3 ci hanno messo più tempo, ricordo in particolare un ragazzino di 15 anni (Mohammed Qudaih), era stato colpito alla testa, ma quando è entrato nel negozio era ancora vivo. Se l'ambulanza fosse arrivata in tempo forse si sarebbe salvato.”

Otto palestinesi, padri di famiglia e ragazzini con delle vite “normali”, uccisi mentre chiacchieravano davanti ad un supermercato, da una bomba lanciata da un elicottero Apache israeliano:
YASSER QUDAIH, 34 anni, sposato, 5 figli
MOHAMMED QUDAIH, 15 anni
MAMDOUH ABUROUK, 22 anni
GASSON ABUZER, 23 anni
ALAÀ ABURIDA
SULIMAN QUDAIH
MAMDOUH MOUSAID QUDAIH

Salem Mohammed Odeh: “C'erano pezzi di corpi delle persone ammazzate in tutta la strada, alcuni pezzi hanno raggiunto anche la mia terrazza, in particolare un pezzo di un braccio... altri brandelli di carne sono stati trovati il giorno dopo vicino all'albero qui di fronte, una scena che non dimenticherò mai! Se penso che i media israeliani sono arrivati a sostenere che si trattasse di militanti della resistenza...come si può pensare che sia vero? In questo villaggio è tutto piatto, dal confine possono vedere tutto, non è il posto adatto per azioni di resistenza armata, erano tutti civili, indossavano abiti civili... Yasser si trovava giusto di fronte all'entrata di casa, fosse stato parte della resistenza non sarebbe stato li! Ricordo almeno altri 3 feriti oltre a me: Hamdam Qudaih aveva una brutta ferita con un frammento che gli era entrato in testa, però è riuscito ad avere un'operazione in Egitto ed ora è guarito, Idah Qudaih aveva schegge e frammenti in tutto il corpo, lo hanno operato non appena entrato in ospedale, e si è salvato. Ricordo di Medath che aveva 17 anni ed una grossa scheggia nello stomaco”

Nadra Aburoch: “il mio figlio secondogenito, Medath, aveva ferite e frammenti nelle gambe e nello stomaco, lo hanno operato ma non sono riusciti ad estrarre tutti i frammenti, talvolta se ne sentono ancora al tatto sotto la pelle e gli fanno molto male soprattutto quando fa freddo..un paio di mesi fa ne è stato estratto uno dal piede e giusto ieri se ne poteva sentire uno sottopelle vicino al ginocchio. Credo che col passare del tempo si muovano naturalmente verso la pelle, dopo si possono estrarre, ma provocano molto dolore. Oggi Medath ha problemi psicologici, è molto nervoso, fa fatica a sostenere una conversazione rimanendo calmo; io ho diabete ed alta pressione, un altro mio figlio di 11 anni piange spesso ed ha avuto bisogno di supporto psicologico, che gli è stato fornito da un'associazione locale.”

Gada Quiah: “Hanno ammazzato senza ragione il mio bambino di 14 anni, il mio primogenito. Ho pianto tanto. Non riuscivo più a risollevarmi...la porta di casa nostra inizialmente dava sulla strada dove è successo il massacro, oggi ne ho aperta un'altra su una strada laterale, perché ogni volta che uscivo di li stavo male, rivedevo con gli occhi della mente il sangue ed i brandelli di corpi nella strada, rivedevo mio figlio con la testa rotta, rivedevo il mio bambino morto. Ho seguito un trattamento psicologico per superare il trauma, devo sostenere mia figlia di 8 anni che si sveglia la notte e viene a cercare mamma e papà piangendo e si agita appena sente il suono di aerei o elicotteri. tutti i miei 4 figli hanno visto l'orrore in quella strada, i brandelli di carne dopo l'esplosione, e sono tutti più piccoli di quello che è stato assassinato: si porteranno dentro l'incubo per sempre... Stavamo giusto pensando di abbandonare la casa quando è successo il massacro”

Quattro dei figli di Sabrin Qudaih
Sabrin Qudaih: “ora che è morto mio marito, che era quello che lavorava in casa, viviamo di aiuti. Lo shock per me è durato un anno, e devo allevare 5 figli da sola, volevo molto bene a mio marito. Noi palestinesi vogliamo siano rispettati i nostri diritti, Israele deve essere punito per tutti i crimini che ha commesso durante l'attacco genocida di 2 anni fa e che compie ogni giorno. I media israeliani sono bugiardi, mio marito non era nella resistenza, era un civile! Cosa credi, che lo avrebbero ammazzato di fronte a casa fosse stato nella resistenza? Sono stati massacrati bambini, nessuno aveva armi, si erano radunati solo perché c'era un negozio vicino, e, soprattutto, tutto è successo durante il cessate il fuoco!”

Naji Qudaih: “Sono certo che nessuno tra i feriti che hanno portato nel mio negozio aveva vestiti che si possano ricondurre alle uniformi della resistenza. Nessuno ne' tra i feriti ne' tra la gente che si era radunata era armato. Tutto l'occidente parla tanto di diritti umani, ma è un riempirsi la bocca di parole inutili, perché quando si tratta dei nostri diritti umani non muovono un dito, quando si tratta dei crimini di Israele contro la nostra gente nessuno nell'occidente prende posizione. Quando è Israele a violare i diritti umani i fatti vengono sistematicamente ignorati.”

Il caffè di Gada Quidah
Gada Quiah: “Israele ha colpito quelle persone solo perché si erano radunate, non fa assolutamente nessuna distinzione tra civili e resistenza, tra adulti e bambini. Nessuno mi potrà più portare indietro il mio bambino. Gli israeliani sono dei barbari. Perché uccidono i bambini palestinesi in questo modo? Perché i nostri bambini non possono avere una vita come tutti gli altri bimbi?”

Salem Mohammed Odeh: “Anche in Libano Israele ha bombardato gli asili, si comporta alla stessa maniera in tutti i paesi, ovunque uccide i civili disarmati. E sai perchè lo fa? Perchè a tutto il mondo non importa, perchè tutti se ne infischiano, perchè quando compie questi crimini guardano tutti dall'altra parte. Gli stati, le istituzioni, l'ONU, tutti tacciono. Nessuno gli dice di fermarsi. Nessuno.”




Segni lasciati sulla strada dalla bomba

2 commenti:

  1. Al seguente link potrete vedere il servizio sull' International Master of Social Sciences and Humanitarian Affair, che riunisce in un progetto formativo e di solidarietà due popoli da sempre in guerra http://www.uniroma.tv/?id_video=18293

    Ufficio Stampa uniroma.tv
    info@uniroma.tv
    http://www.uniroma.tv

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  2. Porre sullo stesso livello l'oppresso e l'oppressore non aiuta ad eliminare l'oppressione ma a nasconderla. Israele è l'oppressore ed i palestinesi gli oppressi.
    Non c'è e non ci sarà mai la pace se prima non ci sarà giustizia. La comunità internazionale si rifiuta di perseguire israele con i mezzi che ha a disposizione, non solo, le università italiane continuano ad avere rapporti con le università israeliane. Se non c'è pace senza giustizia, è oggi il movimento del boicottaggio, anche e soprattutto accademico, che può portare alla giustizia. Avere rapporti con le università israeliane, come in questo caso, significa legittimare l'occupazione e i soprusi sionisti.
    Vale la pena ricordare che nessuna uniersità israeliana ha formalmente preso posizione contro l'occupazione e le violazioni dei diritti dei palestinesi, e che anzi tutte collaborano attivamente a rafforzare il sistema sionista sia nel campo della ricerca militare che nel campo della manipolazione della storia raccontata agli studenti. Non per niente storici come Ilan Pappè, che raccontavano una versione più veritiera della nakba, non hanno trovato posto nelle università israeliane.

    Il boicottaggio accademico è probabilmente la più importante parte della campagna bds.
    Boicotta israele e le sue università. Anche se le collaborazioni vengono camuffate da progetti ipocrito-pacifisti come questo.

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